Un meraviglioso esempio della narrativa di Bulgakov , pubblicato nel 1925, che parte da una trama molto semplice ma grottesca e suggestiva: un’operazione chirurgica trasformerà un cane, morto per il freddo e la fame a Mosca, in un uomo. È interessante l’elemento descrittivo scelto dal grande maestro russo, che affida alle considerazioni del cane alcune sferzanti critiche alla società russa uscita dalla prima guerra mondiale, e la parabola simil-umana del randagio che si trasforma in un essere umano che conserva tratti animaleschi della sua precedente condizioni ma si abbandona anche al turpiloquio o a curiose citazioni di Marx ed Engels. La storia, come sempre in Bulgakov, lievita su vari livelli: una satira contro la generazione dei nuovi ricchi (un fenomeno ciclico nella storia sovietica) fioriti dopo la rivoluzione, ma anche una critica nei confronti dei progressi tecnologici e della scienza quando tenta di sostituirsi alle forze naturali che regolano il ciclo di tutte le forme di vita presenti sul pianeta.