La terza parte della Divina Commedia è sublime, ma difficile. Anche in questo caso, la “riscrittura interpretativa” di Luciano Corona ci permette di accedere alle vertiginose altezze del Paradiso in un modo immediatamente comprensibile e accattivante. Dopo gli spettacoli terribili ed esasperatamente umani dell’Inferno, dopo la serenità velata di malinconia del Purgatorio, ecco il trionfo della luce e della musica dello spirito, ecco il superamento definitivo dei limiti della carne, ecco la grandiosità di apparizioni che la memoria non può ricordare fino in fondo e di cui la parola è in grado di fornire soltanto una pallidissima idea. Da qui, la tensione drammatica dell’espressione, che tenta di dire quel che dicibile non è, eppure ci prova. Da qui, l’emozione inebriante dell’andare al di là di ciò che ciascun vivente può avere mai provato. Da qui, l’umile orgoglio di tentare di descrivere ciò che mai nessuno aveva osato. Dimenticando il suo peso mortale e levitando velocissimo insieme al poeta, il lettore si troverà immerso insieme a lui in laghi di luminosità solo in apparenza accecante, godrà di spettacolari coreografie, vivrà il meraviglioso superamento di tutte le brutture terrene. Corone di spiriti fiammeggianti e una scala di luce di cui non si vede la fine e un’aquila parlante formata da anime e un fiume di scintille e di fiori e melodie che sono un orgasmo per l’anima: questo e molto di più è il Paradiso. Suore che hanno ceduto alla violenza e prostitute che hanno saputo purificare del tutto la propria naturale propensione all’amore, grandi imperatori del passato e santi come Francesco d’Assisi, guerrieri ed eremiti, Cristo e la Vergine Maria: di questo e di molto altro è fatto il Paradiso. E, insieme, scienza medievale e teologia, astrologia e astronomia, cronaca e storia e mito. Fino alla visione finale, che assorbe e riunisce in sé tutto quanto è sparso nell’universo e di fronte alla quale il balbettare umano, anche se condotto alle sue estreme possibilità, non può che cedere e dichiararsi vinto: la visione che, per un attimo, permette di essere in Dio.