Sapevate che fu proprio Tommaso Moro a coniare il termine ‘utopia’, poi divenuto di uso comune nel linguaggio contemporaneo? Con questa parola si riferiva al nome di un’isola immaginaria e dotata di una società ideale, che descrisse dettagliatamente in questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1516 e scritto in latino aulico. Al suo interno leggerete il viaggio immaginario di Raffaele Itlodeo in un’isola fittizia che rappresentava il sogno supremo dell’epoca rinascimentale: una società pacifica e perfetta, regolata nei propri ritmi dalla cultura.
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Moro stesso, consapevole dell’impossibilità di realizzare un simile disegno, all’interno dell’opera sceglie nomi precisi per i suoi protagonisti: Itlodeo significa ‘raccontatore di bugie’, il governante di Utopia si chiama Ademo, ovvero ‘senza popolo’, la capitale è Amauroto, che significa ‘città nascosta’ o ‘inesistente’. Un testo ancora attuale, scritto da un umanista che osservava impotente il male sociale che lentamente prevaleva sull’Inghilterra e quindi destinato non ai suoi contemporanei, sordi e impotenti di fronte al declino, ma ai posteri di ogni paese e di ogni epoca.